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Rigenerazione urbana, la Vicepresidente Bonifati al corso SIAA su “Il nuovo Governo del territorio”: “Davanti a noi importanti obiettivi di decarbonizzazione, legislazione nazionale non adeguata”

7 Ottobre 2024

La Vicepresidente Ance Roma – ACER all’Edilizia Privata, Benedetta Bonifati, ha preso parte, in veste di relatrice, al corso SIAA (Società Italiana Avvocati Amministrativisti) su “Il nuovo Governo del territorio – Pianificazione urbanistica e diritto di proprietà nell’ottica della riduzione del consumo di suolo” “Davanti a noi abbiamo grandi obiettivi, fissati dall’Europa con la direttiva ‘Case green’, per quanto riguarda la riduzione di emissione di Co2 da parte degli edifici – ha spiegato Bonifati – Dovremo ridurle del 55% entro il 2030 e arrivare a decarbonizzazione totale entro il 2050. Il patrimonio degli edifici italiano – che ammonta a circa 13 milioni di edifici, per 31,2 milioni di abitazioni – è stato costruito per la maggior parte prima degli anni ’80, prima cioè delle norme antisismiche ed energetiche introdotte più tardi. La media degli edifici in classe energetica F e G, nel nostro Paese, supera il 60%, contro il 45% della Germania, il 25% della Spagna e il 21% della Francia. Soltanto il 2% del nostro patrimonio edilizio risulta in classe A. Il lavoro da fare è dunque molto importante: sono 3,2 milioni gli immobili interessati dall’abbattimento del 16% dei consumi energetici entro il 2030, e si tratta principalmente di condomini. Secondo i calcoli eseguiti dall’ANCE, per raggiungere il 16% entro il 2030 bisognerebbe intervenire su circa 1.470.000 di edifici mentre, per gli obiettivi fissati per il 2035, si sale a quasi 2 milioni, con un costo stimato dal Cresme compreso tra i 285 e i 320 miliardi”.

 

Per riuscire a raggiungere questi obiettivi, è indispensabile puntare sulla rigenerazione urbana in quanto significherebbe non solo “ridare efficienza ad un patrimonio esistente in gran parte obsoleto per vetustà e non più corrispondente alle attuali normative massimizzando la sostenibilità degli edifici in termini di consumo energetico, approvvigionamento idrico, resistenza sismica, comfort climatico” ma favorire anche il raggiungimento di altri ambiziosi target: “Favorire il riuso di aree urbanizzate e immobili, pubblici o privati, di insediamenti produttivi, anche mediante processi di delocalizzazione, consentendo la densificazione urbana per contenere il consumo di suolo e migliorare la permeabilità dei suoli; elevare la qualità della vita con l’integrazione funzionale di residenze, attività economiche, servizi pubblici, attività lavorative, sociali, culturali, educative; garantire l’adeguamento dei servizi pubblici e di interesse generale e spazi per la collettività anche integrando sistemi di mobilità sostenibile nel tessuto urbano; valorizzare i centri storici, armonizzandone la conservazione con l’innovazione, l’efficientamento energetico e il miglioramento sismico”. “Oltre ad essere importanti sfide – commenta Bonifati – questi obiettivi rappresentano i nuovi driver per lo sviluppo economico e la previsione di nuovi modelli sociali e di interazione fra soggetti pubblici e privati“.

 

La normativa nazionale sulla rigenerazione urbana è però lacunosa e non interviene in maniera organica sul tema. Da qui la necessità, come sottolineato dalla Vicepresidente Bonifati, di una legge che abbia tra i suoi principi cardine quelli di: “Assicurare la massima flessibilità delle destinazioni d’uso, dichiarare di interesse pubblico gli interventi di rigenerazione urbana, compresi gli interventi puntuali di sostituzione edilizia, agevolare l’efficientamento del patrimonio esistente e massimizzarne la sostenibilità in termini di consumi energetici, approvvigionamento idrico, resistenza sismica e benessere climatico, introdurre una nuova disciplina sugli standard urbanistici che non ragioni più in termini di reperimento delle aree ma si indirizzi verso il concetto della garanzia della qualità di un servizio, sgravare gli interventi dalla corresponsione del contributo straordinario e agevolarli rispetto alla quota di contributo di costo di costruzione, consentire di superare gli ostacoli presenti nel codice civile in relazione al diritto di proprietà quali ad esempio le disposizioni in termini di luci e vedute, agevolare fiscalmente gli interventi e, infine, chiarire che si opera in un regime di densificazione, prevedendo deroghe ad ogni altra norma previgente a carattere espansionistico”.

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